Sono trent’anni e più che di lavoro e di immigrazione si parla solo in termini negativi, approvando leggi che restringono le tutele e le garanzie e che ostacolano proprio quello sviluppo della persona umana di cui parla la Costituzione.
Abbiamo visto i salari scivolare – curioso che qualcuno se ne accorga solo dopo trent’anni – e la precarietà affermarsi senza limiti: fin dalla fine degli anni Novanta era chiaro che precario facesse rima con salario, in un rapporto inversamente proporzionale, però, come nei fatti si è poi compiutamente dimostrato.
Nel frattempo è diventato impossibile per molte, troppe persone permettersi una casa e una vita dignitosa, e molte, troppe persone sono precipitate al di sotto della soglia di povertà, pur lavorando o cercando di farlo.
L’8 e 9 giugno possiamo cambiare le cose, con un segnale certo parziale che però avrebbe il significato di invertire una tendenza che ci siamo convinti fosse storica, di più: naturale.
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